Ad esempio non ho scritto un vero post di Natale.
E meno male: avrei parlato solo di tossi, gastroenteriti, inopportuni deperimenti di quasicinquenni inappetenti e del mitico non-pranzo di Natale. Però è un peccato perché non ho scritto del piacere di avere ri-conosciuto la
Silvia durante il magico Carrambaratto.
Poi non ho scritto il
post leggero del lunedì, eppure ci ho pensato.
Di quello mi dispiace: l'avrei intitolato "Psycholight" ed avrei tratteggiato l'immagine di me che, al primo giorno di rientro al lavoro, tornavo in cinque minuti a casa a piedi per pranzo sotto la pioggia dall'ospedale. Camminavo leggera perché me ne fregavo delle convenzioni e, approfittando bassamente degli stivali a tenuta e dell'aura di bizzarria che -già comunque- aleggia intorno agli psichiatri, passavo attraverso il fango di un cantiere in attività e giungevo ad abbracciare il mio Essere Gioioso E Tondeggiante Di Una Bellezza Folgorante attraversando furtivamente una recinzione.
Nella schiena il solito brivido dolceamaro dell'aver saputo trovare ancora una volta il giusto equilibrio tra parole e silenzi e l'essere così riuscita ad ascoltare esperienze che non avrei mai voluto disvelare.
Prima? Non avevo scritto della nostra microfuga nella
Valle dei Laghi a farci nuovamente coccolare da
Antonia e da Abramo. Dei fuochi riflessi sul porto di Riva benedetti dal Pulce col vomito di inizio anno, della vasta bellezza di
Viote sul Bondone e della libertà di lasciarsi andare a cavallo di slittino e di camminare nella neve col Ciccetto nello zaino.
Avrei raccontato della nostra terza
entusiastica visita (in 6 mesi) al
Museo di Storia Naturale di Trento e del nuovo animale entrato prepotentemente nelle fantasie del Pulce:
lo scorpione delle grotte che diventa fluorescente se illuminato dalla luce ultravioletta.
Avrei raccontato della camminata sul
lago giacciato al
paese dei 100 presepi, della cucina strepitosa della Antonia e del bottino biologico stipato infine in vettura: succo di mela, farina integrale,
lisciva da cenere fatta in casa e il regalo più prezioso: il lievito madre allevato con amore che vive ora nel mio frigo (spero).
E poi non ho scritto neanche dell'intima gioia di sentirsi capita, di sentirsi salvata dalla propria stessa ansia e portata ancora via, da un'altra parte, per pensare fino all'ultimo a noi e non, inutilmente, al lavoro.
Avrei parlato dei galli che ci svegliavano la mattina nella casetta nel castello della Valle di Susa, dove tutto è vecchio, strano e da scoprire, e si può macinare il caffè col macinino della bisnonna e giocare ai giochi del nonno di quand'era bambino, seduti per terra su un'antica coperta imbottita.
Avrei detto e ridetto quanto sia bella Susa, di quella bellezza un po'segreta, e gli altri paesini selvatici dai tetti di ardesia che si arrampicano sulle rocce grigie e aspre della sua valle.
Avrei ancora parlato dei ricordi e dei sapori che ci siamo portati con noi: della nuvola in cui siamo stati immersi per giorni e del sole splendente che ci ha sorpresi all'uscita di una
spettacolare galleria finestrata al confine con la Francia, del negozietto dove prendiamo i grissini di Novalesa da regalare al ritorno agli amici e di quello dove compriamo la
Focaccia di Susa (e non ce la facciamo proprio a darla via!); del nostro amore per Torino con l'Arca e il Gigantosauro del suo
Museo Regionale di Scienze Naturali, le armature splendenti e piumate e i preziosi
kris dell'Armeria Reale, le
Luci d'Artista che illuminano la passeggiata in un centro (con
ZTL) un po' più silenzioso libero dal traffico.
Anche ieri avrei avuto qualcosa da scrivere, l'avrei intitolato "Being Psychiatrist": perché tornati al lavoro ci si ricorda che a volte è più stressante capire la kafkiana burocrazia in cui si è immersi piuttosto che i pazienti... e che magari è
ancora più difficile, nonostante un lungo colloquio, decifrare le volontà del Capo rispetto al proprio destino professionale.
Oggi sono in ferie per cui scrivo.
Ma scrivo dei post non scritti e non del Buio in Sala di
Nati per delinquere.
Se avessi fatto un post sul cinema l'avrei dedicato a presentare "
Heimat" di Edgar Reitz e sarebbe venuto fuori che stavo presentando il solito mattonazzo, tedesco sottotitolato, di circa 55 ore.
Invece è un'opera filmica bellissima, che parla dell'adolescenza, della storia piccola di un paese e di quella grande di una nazione; parla del rapporto tra le generazioni, della musica e della genialità, delle cose semplici e della ricerca, della fuga in città e del ritorno in campagna, in provincia; parla della ricerca incessante del senso di appartenenza. E' a colori, in bianco e nero, metà e metà. E' fatto di tanti film, si fa in tempo ad appassionarsi ai personaggi, da seguire
episodio dopo episodio, con le loro paure, i sogni, gli sguardi teneri.
Se ne avessi parlato avrei scritto questo e anche di più.
Wikipedia sintetizza così:
Prologo - Geschichten aus den Hunsrückdörfern (1981) è un documentario realizzato da Reitz durante la pre-produzione di Heimat. Viene considerato come prologo della trilogia.
Heimat (Heimat - Eine deutsche Chronik 1984) affronta, attraverso la famiglia Simon di Schabbach, un arco di tempo che va dal 1919, cioè dalle macerie della Prima guerra mondiale, al 1982. È composto da 11 episodi, per una durata totale di 15 ore e 40 minuti.
Heimat 2 - Cronaca di una giovinezza (Die zweite Heimat - Chronik einer Jugend 1992) espone le vicende di Hermann Simon, la fuga da Schabbach e gli anni della contestazione a Monaco, gli amori e la formazione quale compositore di musica sinfonica d'avanguardia. Copre il periodo che va dal 1960 al 1970. È composto da 13 episodi, per una durata totale di 25 ore e 32 minuti.
Heimat 3 - Cronaca di una svolta epocale (Heimat 3 - Chronik einer Zeitenwende 2004) racconta il ritorno a Schabbach, l'invecchiamento e il problema dei figli che crescono senza un futuro certo, nel periodo che va dal 1989 al 2000. È composto da 6 episodi, per una durata totale di 11 ore e 39 minuti.
Epilogo - Heimat-Fragmente: Die Frauen (2006) è incentrato sul personaggio di Lulu Simon; attraverso i suoi ricordi si ripercorre la storia di tutta la saga, con particolare attenzione alle varie figure femminili. È un unico episodio, della durata di 2 ore 26 minuti.