Riesco a partecipare al venerdì del libro di Home Made Mamma ed augurarle una buona e rapida ripresa? Ci provo.
Ieri è stato un giorno duro per me al lavoro. Il rientro si sa non è mai facile, lo sapevo già, l'avevo già provato e ne ho avuto l'ennesima conferma.
In cerca di strategie difensive estreme, mi è tornato alla mente "Bartleby lo scrivano" di Hermann Melville, che ho conosciuto per la prima volta al festival di letteratura Azioni InClementi nel 2007: ne era il tema portante e se ne presentava una interessante lettura teatrale di Andrea Pennacchi.
Il testo completo del racconto lo trovate qui.
Riporto la presentazione del festival, che lascia molti spunti di riflessione:
IL TEMA: DALLA PARTE DI BARTLEBY.
OSTINAZIONI, ALTERNATIVE E “PREFERIREI DI NO”
“Bartleby lo scrivano” è un racconto di Herman Melville, pubblicato due anni dopo “Moby Dick”, nel 1853. La storia è narrata in prima persona da un avvocato che ha uno studio legale a Wall Street. Ci racconta di quando ha assunto un nuovo copista, lo scrivano Bartleby. Dopo un breve periodo di lavoro, l’avvocato è costretto a fronteggiare il rifiuto opposto da Bartleby all’esecuzione dei compiti che gli vengono assegnati. All’inizio Bartleby rifiuta solo i lavori che non sono nel suo mansionario. Poi, li rifiuta tutti. Ad ogni richiesta, Bartleby sa rispondere con una sola frase: “preferirei di no”.
La risposta, continuamente ripetuta, si rivela molto più complessa di quanto può sembrare. Non c’è una spiegazione al “no” di Bartleby. In chi legge il racconto, questo “no” crea una gamma di sensazioni contrastanti –stupore, incomprensione, incredulità, ammirazione. Il rifiuto di Bartleby – e il modo in cui Bartleby rifiuta – è infatti ambiguo. Il “preferirei” rende il “no” più gentile, e ancora più tenace. È un “no” garbato, ma non per questo meno intransigente. Così pronunciato, il rifiuto di Bartleby è capace di maggior forza, maggior assolutezza rispetto ad altri tipi di opposizione. Bartleby pone il suo comportamento sotto il segno di una paradossale, enigmatica preferenza. Non rifiuta di parlare, ma di parlare come si parla. Non rifiuta di fare, ma di fare come si fa. La sua formula “disattiva anche gli atti linguistici con i quali un padrone può comandare” (Gilles Deleuze). Con Bartleby ci troviamo di fronte a un esodo inevitabile di uomini silenziosi e solitari che scelgono di vivere negli interstizi del mondo mercantile, nel rifiuto di partecipare a qualunque cosa sia in rapporto con esso. In quel “preferirei di no” Atoz rintraccia un modo straordinariamente efficace per ribadire un’ostinazione etica. Il “no” apre ad alternative che prima non c’erano. È un “no” capace di “cambiare discorso mentre la conversazione è già avviata sui binari predefiniti” (Paolo Virno).
E intanto ripenso a Schio, alla Paola trecciarossa che ci ha lasciati con gli occhi pieni di lacrime e agli amici lontani.
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